Il gioco della sabbiera

Posted on 13 Novembre 2013

 

La psicanalisi è una pratica fondata essenzialmente sull’uso della parola, tuttavia quando nello studio dell’analista entra un bambino, il metodo classico delle libere associazioni non può essere evidentemente utilizzato: il bambino non ha un linguaggio sviluppato a tal punto da poter affidare alle parole i suoi disagi. Dobbiamo quindi trovare un canale di comunicazione che ci permetta in quanto analisti di trovarci sulla stessa line d’onda del bambino in modo da permettergli di farci entrare nel suo disagio.

Uno dei metodi che la psicoanalisi infantile utilizza, è il gioco della sabbiera. Colei che ha diffuso tale metodo nella tecnica psicoanalitica infantile è Dora Maria Kalff.  Nella sua esperienza come analista infantile Dora, non si accontentò di utilizzare giochi e disegno nell’analisi del mondo dei bambini. Durante un congresso di psichiatria a Zurigo conobbe Margaret Lowenfeld e rimase affascinata dal gioco che lei chiamava “il mondo animato dei bambini”. Esso si basava appunto sull’uso di cassette di sabbia con dentro pupazzetti a disposizione dei bambini.

Dora Maria Kalff era convinta, a ragione, che fosse necessario creare un forte legame di fiducia tra analista e bambino, e che questo fosse possibile in uno spazio in cui il bambino si sentisse libero e protetto. Lo scopo, nell’analisi dei bambini è infatti quello di ricordare  il primo stretto rapporto che si stabilisce con la madre in modo da trasmettergli fiducia e permettergli quindi di esprimersi liberamente.

I simboli, di cui il modo di esprimersi dei bambini sono densi, sono sfruttati nell’utilizzo della sabbiera. Si tratta di una cassetta di dimensioni specifiche (57 x 72 x 7 cm) stabilite in base al campo visivo del bambino. In essa sono contenute, a disposizione del bambino, un centinaio di figure. La possibilità a cui apre tale strumento è quella di proporre al bambino uno spazio limitato, entro cui utilizzare la propria fantasia, che agisca allo stesso tempo come fattore di protezione e di ordine. In questo modo il bambino può costruire un mondo tutto suo nello spazio della sabbiera: egli ha, infatti, a sua disposizione, figure che rappresentano cose che esistono nel mondo reale, ma allo stesso tempo ha necessità di trovare anche elementi che riguardano il mondo della fantasia (esseri umani – di vari mestieri attuali e del passato – animali, edifici, mezzi di trasporto, fiori, fate, gnomi, folletti ecc.).

Nella teoria della tecnica della sabbiere di Dora Kalff  l’analista interpreta per sé i simboli che emergono negli scenari creati dal bambino: non è necessario che ciò che l’analista “vede” nel gioco venga comunicato a parole, perché nello spazio di libertà e protezione in cui i due si trovano a relazionare è necessario prima di tutto vivere il simbolo che si sta utilizzando.

La comunicazione verbale al bambino avviene piuttosto in termini di una descrizione (del disegno o della rappresentazione della sabbiera) in modo da rendere visibile la problematica interna sulla base, appunto, della rappresentazione che il bambino ha deciso di darne.

Questa modalità di relazionarsi al bambino è evidentemente qualcosa di molto elastico, sembra quasi che analista e bambino possano in questo modo vivere insieme e sperimentare insieme il gioco – e quindi il simbolo – che si manifesta nella sabbiera.

Con questo metodo l’analista riesce meglio a porsi nella relazione con il piccolo come essere umano paritario piuttosto che come specialista che, appunto, analizza o, peggio ancora, valuta il bambino.

Attraverso il gioco della sabbiera si aprono per il bambino diverse possibilità di espressione, che favoriscono la sperimentazione delle paure e dei contenuti inconsci che sottostanno al suo disagio.