Violenza di genere: riconosciamo il problema

Posted on 25 Novembre 2015

“L’uomo maltrattante è un uomo malato” purtroppo capita di sentire questa frase più spesso di quanto non si creda, si tratta evidentemente di uno stereotipo radicato piuttosto bene nei pensieri degli esseri umani, uno dei tanti. Evientemente è facile per ognuno di noi pensare che il maltrattante abbia un qualche disagio che lo spinga ad usare violenza, è una modalità di difesa propria dell’essere umano, perché così pensando riusciamo meglio a tenere distante questo problema e a pensare che a noi non potrà mai capitare.

La realtà dei fatti invece è molto diversa, e tutte le ricerche in questo campo ce lo confermano: il 31,5 % delle donne tra 16 e 70 anni hanno subito violenze nel corso della loro vita, il 62,7% degli stupri è commesso da partner o ex-partner (fonte Istat 2014), la violenza accade dunque prevalentemente in ambito domestico e non ci sono elementi statici in grado di poter confermare che i maltrattanti presentino disturbi psichiatrici, problemi di dipendenza o che abbiano necessariamente subito violenza durante le loro infanzia. Tutti questi elelmenti, che comunque possono essere riscontrati nei maltrattanti, non possono essere considerati la causa del loro comportamento violento nei confronti della donna, ma piuttosto elelmenti in grado di veicolare ed incentivare la violenza.

Diventa allora fondamentale parlare di violenza di genere come di un fenomeno globale e socio-culturale e cogliere fino dall’inizio che gli uomini sono violenti con le loro donne per un insieme di concause individuali, storiche, sociali e culturali.

La violenza dell’uomo sulla donna è un atto discriminatorio e di violanzione dei diritti umani, che scaturisce dalla impossibilità dell’uomo di gestire la presenza della donna come essere umano autorevole e degno di uno status proprio che la caratterizzi come donna. In una civiltà umana guidata dal sapere oggettivante della scienza anche la donna viene troppe volte vissuta come oggetto e/o come tale idealizzata, perchè in tal modo più facilmente “controllabile”, “gestibile”, “addomesticabile” per tutti quegli uomini che riescono a concepire l’essere umano femminile solo come costitutivamente minoritario rispetto a quello maschile. Facendo questa operazione di oggettivazione l’uomo maltrattante non riesce a porre la donna in una posizione paritaria e si sente nella possibilità di agire su di lei tutta quella potenza fisica che la natura gli ha donato.

Fare qualcosa per combattere questo fenomeno è possibile se partiamo da questo punto di vista e se ci impegnamo per sensibilizzare al riconoscimento della violenza come fatto culturale, sociale e non soltanto individuale.

Per questo motivo ritengo siano necessari programmi e progetti di informazione e sensibilizzazione che coinvolgano tutti gli uomini, proprio perchè trattandosi di un problema sociale e culturale dovremmo fare in modo che come tale venga riconosciuto anche da quella parte di uomini che non mette in atto comportamenti violenti. Esistono fortunatamente in Italia programmi che già lavorano in questo senso e che occupandosi dei maltrattanti, si basano sull’idea che gli uomini possano cambiare. Tuttavia per produrre cambiamento è necessario che il cambiamento sia pensabile. Pensare al cambimento è utile e proficuo quando riconosciamo lo status della realtà che ci troviamo a vivere. Nel caso delle violenza maschile sulle donne è estremamente necessario favorire una consapevolezza comune riguardo alla componente sociale e culturale del fenomeno e costruire reti di realtà in grado di lavorare in sintonia per il bene comune di ogni essere umano che si ritrova in queste dinamiche sia esso donna, uomo o bambino.

 

la foto  di questo blog è stata scattata da Antonietta Caboni  e scaricata dal suo flickr.