LO SGUARDO

Posted on 31 Marzo 2014

Per introdurre questo argomento ho scelto di riprendere qualcosa dal film “L’innocente” di Luchino Visconti (1976), si tratta della parte finale del monologo di Teresa Raffo,  l’amante di Tullio il protagonista di questo celebre film.

Teresa appunto, nella famosa scena che precede di poco l’epilogo del film si trova a dire queste parole:

“Chissà perché voi uomini  con una mano ci volete sempre innalzare alle stelle e con l’altra ci trascinate giù,  perché non ci lasciate camminare accanto a voi lì sulla terra, creatura accanto a creatura, donna accanto a uomo, nulla di più,  niente di meno.”

Ho scelto queste parole perché evidentemente la dicono lunga su come una donna possa trovarsi o non trovarsi nello sguardo dell’ altro , e su come possa sentirsi, percepirsi,  ascoltarsi nello sguardo dell’ altro . In fondo possiamo provare a domandarci ogni volta chi sia l’ altro che ci guarda e che cosa cerchiamo noi nel suo sguardo quando tentiamo di rispecchiarci in lui.  Il concetto di rispecchiamento è uno dei temi cosiddetti forti per la psicologia e per la psicanalisi, basta pensare ad esempio a cosa accade ad un essere umano quando per la prima volta si trova a passare ore intere con un altro essere umano, sto pensando ai rapporti amorosi evidentemente, ai primi amori.

Che effetto fa vedersi nello sguardo di un altro di cui siamo innamorati per la prima volta, cogliere in lui la nostra immagine?

Parlando di rispecchiamento tuttavia  è lecito pensare all’ immagine che lo specchio rimanda quando per l’ appunto ci guardiamo in esso: guardare la propria immagine alla specchio non è proprio la stessa cosa che cercare un po’ di se nello sguardo dell’altro: lo specchio si può rompere, e quell’immagine non c’è più, ma la donna resta…la sguardo su quell’essere umano resta. Quando difronte c’è l’altro di cose ne possiamo dire riguardo ad una donna, all’ incontro con se stessa, con il proprio desiderio, con i luoghi dell’ amore, se l’ immagine che dal suo sguardo ci viene restituita ad esempio è simile a quella di cui parla Teresa Raffo. Teresa potenzialmente descrive una situazione in cui ogni donna, potrebbe vivere. Tutto il suo parlare è alla fine una domanda che inizia con CHISSÀ PERCHÉ, quasi un non riuscire a spiegarsi nell’ altro, appunto uomo, questa difficoltà a permettere ad una donna di camminargli accanto, come creatura, come donna. In fondo queste parole chiedono solo un riconoscimento come essere umano, ed allora chiediamoci che cosa ci possa essere nella donna, in questo essere umano femminile da poter suscitare a volte un mancato riconoscimento come sente Teresa, oppure un mancato sguardo addirittura.

Cosa può spingere un uomo a voler sollevare alla stelle ed un attimo dopo tirare giù una donna, magari la sua donna, quella che si cerca nel suo sguardo?

E ancora, cosa può essere di una donna quando tutto questo lo sente, su se stessa, perché lo trova proprio in quello sguardo?

Come può avere a che fare con tematiche così profonde? Come può sopportarle?

È evidente che nel tempo lo sguardo della società sulla donna non è stato troppo carino basta pensare che in pieno medioevo,  esattamente nel 1486 in Germania venne pubblicato il Malleus Malleficarum un vero e proprio manuale per riconoscere le streghe, è un trattato di stregoneria con  l’unico scopo di relegare ogni donna che non rispecchiasse certi canoni in una posizione di marginalità.  Non c’è certo bisogno di andare così lontano del tempo per accorgersi di quanto possa essere pesante lo sguardo dell’altro quando si tratta di femminilità, basta guardarsi intorno, rintracciare certe notizie di cronaca o affidarci alla lettura di romanzi più e meno recenti per scovare a volte uno sguardo, duro, pesante, oltremodo giudicante sulla donna.  Io scelgo di citare a tal proposito una scrittrice contemporanea: Cristiana Gemignani, nel suo libro Dalle sette alle nove. Manuale di sopravvivenza post separazione (Giovane Holden Edizioni, pagg. 13-14)

“Dalle sette alle nove di sera il mondo mi dice che devo essere triste.

La cultura, certa educazione, i sani principi, dicono così.

Che ci fa una donna in casa, dalle sette alle nove,

sola,

senza un marito da cucinare,

da stirare,

da accudire,

da rassicurare?

La televisione è spenta,

le stanze rimbombano,

i rumori delle famiglie vicine

mi fanno sentire ancora più sola.

E allora penso:è questo che volevo?

Ma della solitudine vera nessuno parla.

Di quella rabbia inespressa,

quando lui mangia, guarda nel piatto ma non ti vede

e ti riscalda il letto raggelandoti il cuore.

E di quelle volte in cui vorresti domandare ma non lo fai,

perché conosci già tutte le risposte,

le stessa che ti portano a credere

che alla fine

quella sbagliata

sei tu.”

Che cosa può accadere ad una donna quando lo sguardo che cade su di lei è di questo tipo? Quali i suoi sentimenti, sensazioni, emozioni se non si ritrova nel ruolo di donna che deve cucinare, stirare, accudire, rassicurare un marito? Fortunatamente una possibilità rimane aperta come ci insegna Cristiana in questo libro:

“Per fortuna sono già le dieci e l’incantesimo è finito da un pezzo.

La lucidità prende il sopravvento

e mi rendo conto che di uomini così

se ne può fare volentieri a meno.”

(testo estratto dall’intervento pronunciato sabato 22 Marzo a Montevarchi all’interno del Ciclo di Incontri STANZE D’AMORE. LA DONNA E IL DESIDERIO)