Quel monello di Pinocchio

Posted on 24 Gennaio 2014

Come sosteneva B. Bettelheim nel suo saggio dedicato al mondo delle fiabe, l’impresa più difficile per un essere umano è quella di trovare un significato alla propria vita. Questa necessità intrinseca dell’umanità, si affaccia all’esistenza fino dalla primissima infanzia, quando il bambino si trova a doversi confrontare con le norme e le regole che il vivere in una società civile comporta inevitabilmente.

Un attraversamento adeguato delle fasi di sviluppo psicologico è possibile nel momento in cui il bambino riesca a conseguire un senso della propria individualità e del proprio valore affidandosi alle personali risorse interiori. Da questo punto in poi è fondamentale e necessario che egli abbia a disposizione una base solida su cui poggiare per sentirsi sostenuto nel difficile rapporto con le regole di educazione e di convivenza che a partire dalla prima infanzia devono essere interiorizzate. Certamente la coppia genitoriale rappresenta la terra da cui partire, la base sicura a cui ogni bambino sa di poter tornare in ogni momento, ed allo stesso tempo il modello di vita che per primo viene interiorizzato. Quando però il bambino si affaccia sul mondo della scuola i modelli genitoriali sono affiancati a quelli degli altri adulti come gli insegnanti o gli educatori ma soprattutto a quelli dei pari. I bambini, specialmente nella prima infanzia si guardano, si osservano e si imitano. Ecco dunque che si possono veder comparire in famiglia comportamenti,  atteggiamenti e modi di fare del tutto fuori luogo rispetto ai valori ed ai modelli educativi che, in quanto genitori, abbiamo tentato di trasmettere.

Le cose che possiamo fare sono molteplici, prima fra tutte l’osservazione attenta del bambino. E’ importante riuscire a formarsi un’idea piuttosto completa del modello che il bambino sta incarnando in quel momento, ed in seconda battuta evidenziarne le differenze con il bambino che abbiamo di fronte. Lo scopo è quello di far arrivare al bambino il messaggio secondo cui non tutti gli esseri umani sono uguali, tutti noi abbiamo delle caratteristiche e specificità che ci contraddistinguono e che rappresentano la nostra risorsa.

Se pensiamo alla fiaba di Pinocchio, nella versione di Collodi, possiamo avere qualche idea della situazione. La storia del burattino  da sempre  sorprende, diverte, commuove e spaventa: il monello Pinocchio nell’immaginario collettivo, rappresenta proprio la parte infantile di ogni essere umano, votata esclusivamente al divertimento e alla libertà. Il bambino di legno osserva, imita e si lascia trascinare, coinvolgere dagli altri proprio come ogni bambino.

I temi psicologici che incontriamo nel racconto di Pinocchio, sono evidentemente quelli legati alla necessità di dover adeguare una parte dei desideri e dei piaceri personali alla realtà che viviamo e che ci pone inevitabilmente in contatto con altri esseri umani anche essi con desideri e piaceri personali. Ecco dunque che l’obiettivo principale di cui parlavo poco sopra lo ritroviamo proprio nell’idea di fondo di questa fiaba. Questo è sicuramente uno dei motivi per cui ancora oggi, immersi nella modernità e nella tecnologia, le fiabe di un tempo, come quella di Pinocchio, possono essere molto utili nel lavoro con i bambini e trovano spesso impiego in progetti scolastici. Come spesso mi sono trovata a scrivere e a dire, credo che le fiabe siano uno strumento importante per la conoscenza del mondo. Attraverso la narrazione dell’adulto possono rappresentare una di quelle basi su cui fondare la strutturazione dell’identità e della relazione con l’altro permettendo al bambino di drammatizzare, e dunque strutturare i propri bisogni.