L’amore necessario

Posted on 5 Novembre 2013

Sigmund Freud ne Il Disagio della civiltà, nomina  l’amore come “arte del vivere”e ce lo descrive così:

“Sto parlando di quell’ indirizzo della vita che fa dell’amore il centro di tutto, attendendosi ogni soddisfazione dall’ amare e dall’ essere amati. Un atteggiamento di questo tipo è abbastanza familiare a tutti noi.”

Da questa meravigliosa descrizione possiamo estrapolare uno dei valori che l’amore può avere per l’uomo: la possibilità di raggiungere una parte della felicità a cui tutti noi aspiriamo nella nostra esistenza.

Verissimo, peccato però che non sempre fili tutto così liscio e le relazioni amorose a volte possano divenire qualcosa di molto diverso da quella condizione idilliaca cui tutti noi aspiriamo e che per un certo tempo viviamo.

Può accadere infatti che quella condizione amorosa idilliaca si trasformi in qualcosa di coatto, che inclini ad un certo punto verso una  via che non è più quella propriamente dell’amore ma quella della necessità e che a quel punto entri nell’ottica del non poterne più fare a meno.

Cosa accade ad una persona che è immersa, persa in una vicenda amorosa quando qualcosa inizia a stridere o a girare diversamente, quando le cose non vanno più come dovrebbero?

Domandiamoci questo tenendo conto che probabilmente, come accade ad ognuno di noi, quell’essere umano ha vissuto fino ad un attimo prima quella storia d’amore come se avesse raggiunto proprio quello stato di felicità cui tanto aspirava!

Se quell’ essere umano non è in grado più di tanto di far fronte ad un cambiamento di questo tipo, qualcosa di potente può irrompere nella sua esistenza ed è allora che l’amore, può divenire per lui appunto necessario, nel senso di una forzatura, nel senso di un oggetto come tanti altri che entrato nella vita di tutti i giorni non sa più come tirarsi fuori.

Nelle vicende amorose l’uomo si trova a dover rischiare qualcosa, qualcosa legato all’altro cui è diretto il suo amore: è proprio nel relazionarsi all’altro che inevitabilmente l’uomo rischia qualcosa. L’altro, il suo comportamento, il suo essere non sono più di tanto prevedibili e dunque per il solo fatto di essere altro da se stessi, egli comporta  un rischio e tanto più se pensiamo che non è possibile controllarlo né tanto meno escluderlo da sé. Dunque l’uomo, implicato nelle vicende d’amore, che si illude possano dargli almeno in parte quella felicità agognata, si trova a dover fronteggiare una complessità tale che non è in grado di sbrogliare ma che non riesce neanche più di tanto a tollerare.

Il rischio in questi casi è quello di ridurre l’altro che è destinatario del nostro amore ad un mero oggetto, snaturandolo dunque di tutta la potenza del rapporto amoroso. Oggettivare l’altro in amore non significa altro se non ridurre l’altro a qualcosa di estremamente tecnico, un oggetto appunto per poterlo più facilmente maneggiare nel momento stesso in cui ci diventa necessario al pari di tanti altri oggetti della nostra esistenza e facendo dunque di esso un sintomo.

Siamo qui ben lontani dall’amore dei cortigiani, dei poeti o delle canzoni, la speranza è che l’amore resti per ognuno di noi piuttosto quello che Gino Paoli diceva in una vecchia canzone:

Quando sei qui con me

questa stanza non ha più pareti

ma alberi,

alberi infiniti.

Quando tu,

sei vicino e me,

questo soffitto viola no,

non esiste più.

Io vedo il cielo sopra noi

che restiamo qui

abbandonati

come se non ci fosse più

niente, più niente al mondo.